07 Set Acido Fitico è un antinutriente o antitumorale?
Scopriamo se c’è motivo di temerlo oppure la sua assunzione ha effetti salutari!
C’è tutta una categorie di sostanza presenti nei cibi che possono interferire con i processi di digestione ed assorbimento di alcuni nutrienti. Queste sostanze sono definite antinutrienti e tra di esse il più noto è l’acido fitico, presente soprattutto in cereali integrali, legumi e noci, accusato di ridurre l’assunzione di calcio, ferro e zinco. C’è chi vorrebbe eliminarlo completamente dalla dieta, ma studi recenti mostrano che l’acido fitico può avere anche effetti decisamente positivi per la nostra salute.
Considerare l’acido fitico come un grave problema è una visione che potremmo definire ormai datata e superata, perché la scienza ha iniziato a comprendere meglio diversi meccanismi complessi, che una visione semplicista aveva portato ad alcune conclusioni errate fino a pochi anni fa…
Cos’è l’acido fitico?
L’acido fitico (mio-inositolo esafosfato) si trova praticamente in tutti i semi nei cereali soprattutto nella parte esterna (crusca), invece nei legumi è presente soprattutto all’interno. Biologicamente serve ai semi per favorire lo sviluppo del germoglio, rappresentando fino all’80% della riserva di fosforo su cui la piantina che sta germogliando può contare finché le radici non sono in grado di assorbirlo dal terreno.
Si trova soprattutto legato a minerali (calcio, ferro, magnesio, manganese, zinco) sotto forma di sali misti detti fitati (alcune volte si usa il termine fitina indifferentemente per l’acido fitico o per i suoi sali). L’acido fitico ha infatti la caratteristica di legarsi facilmente e solidamente con questi minerali (ma potenzialmente anche ad altri ioni e proteine), ed è da qui che deriva la sua fama di elemento antinutritivo.
Il legame nei fitati è così forte che per essere scisso ha bisogno di un enzima, la fitasi, una fosfatasi acida che si trova anch’essa nei semi e si attiva con i processi di germinazione (presenza di acqua e ambiente acido) liberando i legami e degradando l’acido fitico (defosforilazione) fino a rendere i minerali e il fosforo disponibili per la crescita del germoglio.
Dunque per gli scopi biologici delle piante il meccanismo è perfetto, ci sono stati studi e ricerche per produrre semi contenenti meno acido fitico, ma il problema è che questi semi avevano scarsa germinabilità.
L’acido fitico (a sinistra) e i complessi che forma con gli ioni di metalli come calcio, ferro, zinco e magnesio (a destra).
Ma cosa succede quando mangiamo questi semi (cereali integrali, legumi, ma anche noci, mandorle ecc..)?
Il fosforo e i minerali presenti nei semi servono anche al nostro organismo: come riusciamo ad assimilarli?
Prima di rispondere a questa domande poniamoci un’altra domanda dove lo troviamo?
Acido fitico: in quali cibi si trova
Nei Cereali integrali (perché quelli raffinati ne sono praticamente privi !) anche i legumi sono molto ricchi di acido fitico. I cereali lo accumulano soprattutto nei granuli di aleurone, in quantità diverse a seconda delle varietà, mentre nei legumi l’acido fitico si trova soprattutto nell’endosperma e nei cotiledoni, anche qui con valori che dipendono dalle varietà considerate.
Anche soia e derivati sono un’altra importante fonte di acido fitico, insieme a semi di girasole, di lino e di colza.
Alimenti molto ricchi di acido fitico sono mandorle, nocciole, noci e noci del Brasile, con valori che spesso sono il doppio o il triplo di quelli di cereali e legumi.
Il contenuto in peso secco, per 100 grammi di prodotto va dagli 0,06g del riso fino ai 7g della crusca o ai 10g delle mandorle: valori che riflettono il gran numero di varietà coltivate, l’importanza del clima e del terreno e l’importanza dei processi di germinazione e maturazione nel determinare la presenza di acido fitico del vegetale. Qualche problema deriva anche dalle tecniche analitiche utilizzate, tecniche difformi e purtroppo ancora non standardizzate, che valutano il contenuto di acido fitico dopo estrazione acida dal cibo con potenziale sottostima dei fitati, i sali dell’acido, effettivamente presenti.
Quindi l’acido fitico è presente in molti alimenti e se la falsa soluzione proposta “da alcuni falsi illuminati” è di limitare di alimentarsi con cereali integrali per questo pericolo, non si capisce perché poi gli stessi non suggeriscano di eliminare dalla dieta tutti gli altri semi che ne contengono anche quantità maggiori.
L’acido fitico fa male? Quali sono i rischi per la salute?
Doverosa premessa i ruminanti sono in grado di digerire l’acido fitico, grazie all’azione della flora batterica presente nel rumine, ma per gli altri mammiferi, uomo compreso, la situazione è diversa. Per digerire l’acido fitico è necessario un enzima che si chiama fitasi, l’uomo non è in grado di produrre questo enzima, perciò per molto tempo si è ritenuto che l’acido fitico non potesse essere assorbito, ma studi in vitro e sul modello animale hanno evidenziato che una piccola percentuale del composto potrebbe essere assorbito nell’intestino tenue, dati confermati anche da studi su umani. Attualmente si pensa che possano effettivamente esistere dei meccanismi di assorbimento di acido fitico, fitati e prodotti di degradazione, ma la loro natura è ancora da chiarire. [1, 2, 3,]
Da ricordare comunque che l’enzima fitasi è già presente nei semi e quindi la temperatura ed un ambiente acido favorisce la sua attivazione, quindi il problema che noi umani non siamo in grado di produrre questo enzima, potrebbe essere almeno in una certa misura risolto.
Da dove nasce la brutta fama dell’Acido Fitico?
Esiste una estesa letteratura scientifica sulla capacità dell’acido fitico di inibire l’assorbimento di alcuni minerali, in particolar modo ferro, zinco, calcio e magnesio. In condizione fisiologiche l’acido fitico ha forte carica negativa e può legare ioni con carica positiva formando dei complessi che sono solubili a pH acido ma che precipitano a pH neutro, condizione che troviamo nell’intestino. I fitati possono addirittura legarsi a peptidi e proteine riducendone la disponibilità e l’assorbimento.
L’acido fitico forma con il calcio un precipitato insolubile che probabilmente contribuisce anche a ridurre l’assorbimento di ferro e zinco. I fitati inibiscono in maniera significativa l’assorbimento del ferro, assorbimento che invece aumenta quando sia presente dell’acido ascorbico (vitamina C). Anche l’assorbimento di zinco è ridotto ad opera dei fitati e la riduzione risulta maggiore quando sia presente anche del calcio. Anche per lo zinco la presenza di acidi organici può aumentare l’assorbimento del metallo.
L’affinità dell’acido fitico per gli ioni metallici può anche avere risvolti positivi, contribuendo a ridurre l’assorbimento di metalli tossici come piombo o cadmio, mentre i dati relativi al mercurio sono ancora dubbi. Interessanti alcuni lavori che hanno mostrato come l’intestino possa adattarsi a diete molto ricche di acido fitico mantenendo comunque un adeguato assorbimento di ferro: rimane da stabilire se ciò avvenga grazie ad una maggior produzione di fitasi oppure ad un più probabile aumento dell’efficienza dei processi di assorbimento del minerale.
In realtà l’entità dell’assorbimento non dipende soltanto dalla presenza di acido fitico ma anche dalla natura dell’alimento consumato, delle proteine presenti, degli acidi organici, dal pH di stomaco e intestino e da numerosi altri fattori il cui effettivo contributo è difficile da quantificare.
Non c’è dubbio che una presenza elevata di acido fitico possa interferire con l’assorbimento di calcio, ferro e zinco, arrivando anche a determinare reali carenze per diete particolarmente ricche di fitati e povere dei minerali in questione. [ 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10]
L’acido fitico non è poi così cattivo!
Se uno si fermasse a quanto esposto sopra la conclusione sarebbe scontate: meglio ridurre al minimo l’assunzione di acido fitico, rendendo così possibile un efficiente assorbimento dei preziosi minerali presenti nel cibo. Ma parlando di nutrizione e di fisiologia la situazione non è mia così netta o definita come a qualcuno piace dipingere. Negli ultimi anni una discreta mole di studi ha rilevato tutta una serie di possibili effetti positivi dell’acido fitico: lavori in vitro, su modello animale e anche diversi studi epidemiologici su ampie popolazioni paiono indicare un ruolo protettivo dell’acido fitico nei confronti di diverse patologie.
Il ferro è una sostanza indispensabile per il nostro organismo, ma è anche un elemento molto pericoloso, che tende a ossidarsi facilmente portando alla formazione di radicali liberi, in particolar modo il radicale idrossile, estremamente aggressivo e in grado di determinare danni importanti alle membrane cellulari e al DNA. L’acido fitico può legarsi agli ioni ferro liberi, formando dei complessi molto stabili, chiudendoli in una specie di gabbia protettiva che ne impedisce la reazione con altre sostanze. In pratica l’acido fitico si comporta come un vero e proprio antiossidante, specie quando fitati e ione metallici sono in determinate proporzioni tra loro. Studi animali hanno mostrato che l’acido fitico può ridurre lo stress ossidativo dovuto ad un elevato apporto di ferro. Risultati positivi si sono avuti anche valutando la riduzione del danno ossidativo dovuto a ischemia/riperfusione. L’acido fitico in effetti è presente nelle cellule in concentrazioni realtivamente elevate e potrebbe giocare un ruolo importante nel metabolismo del ferro e nella formazione del radicale idrossile, processi il cui controllo è vitale per la cellula. Studi più approfonditi sono necessari per chiarire meglio l’effettivo ruolo dell’acido fitico in questi processi. [11, 12, 13, 14]
L’acido fitico protegge da alcuni tumori!
Il cancro al colon è una forma tumorale che dipende in misura rilevante dalla dieta. Numerosi lavori hanno mostrato una correlazione inversa tra un elevato consumo di cibi ricchi di acido fitico e incidenza di questa particolare forma di cancro. Un effetto protettivo pare essere presente anche per tumori del fegato, del polmone, del seno e della prostata. Anche in questo caso l’acido fitico potrebbe agire riducendo il danno ossidativo a livello dei tessuti, inibendo la crescita delle cellule tumorali e la crescita cellulare: in quest’ultimo caso sarebbero alcune forme di mio-inositolo a funzionare da messaggeri entro la cellula tumorale inibendone la divisione. Anche qui mancano dati estensivi da studi su umani, ma quelli attualmente disponibili ci indicano un effetto protettivo dell’acido fitico nei confronti di alcuni tipi di tumore. [15, 16, 17, 18, 19]
L’acido fitico potenzialmente protegge da patologia cardiovascolari!
Alcuni studi preliminari indicano un potenziale ruolo protettivo dell’acido fitico anche nei confronti di patologie cardiovascolari: una dieta ricca di fitati può portare a riduzione di colesterolo e trigliceridi, dei livelli di zinco e del rapporto zinco/rame, dei livelli di glucosio plasmatici. Inoltre i fitati potrebbero ridurre i processi di calcificazione a carico di lesioni cardiovascolari.
L’acido fitico può prevenire la formazione di calcoli renali.
Studi prospettivi su popolazioni hanno mostrato una correlazione inversa tra consumo di alimenti ricchi di acido fitico e incidenza di calcoli. Studi in vitro hanno effettivamente mostrato come i fitati possano inibire la formazione di cristalli di ossalato di calcio o di fosfato di calcio. I fitati sono normalmente escreti con le urine in concentrazioni variabili tra gli 0,5 e i 3 mg/l e soggetti con maggior tendenza a formare calcoli ne presentano in genere valori ridotti. [15, 16, 17]
Possibile ruolo protettivo contro l’Alzheimer
Infine studi recenti, in vitro e su modello animale, indicano un possibile ruolo protettivo dell’acido fitico nei confronti della malattia di Alzheimer, sia per inibizione dell’accumulo di proteina β-amiloide, sia per riduzione del danno ossidativo nel neurone, sia favorendo processi di autofagia che permettono di mantenere una elevata efficienza mitocondriale. Un settore di studi molto promettente che ovviamente necessita di ulteriori approfondimenti. [20, 21]
Conclusione
Come in tutte le cose la soluzione è in una dieta varia che contenga anche verdure e frutta, per ridurre l’acido fitico si può utilizzare l’ammollo o la fermentazione, anche la lievitazione del pane è una fermentazione che riduce la presenza dell’acido fitico.
Le indicazioni alimentari di tutte le nazioni concordano di incrementare il consumo di cereali integrali, quindi lo spauracchio dell’acido fitico non ci deve spaventare a condizione che la nostra alimentazione non sia fortemente sbilanciata e con poca varietà.
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