CIBI ULTRA PROCESSATI ED INVECCHIAMENTO PRECOCE

CIBI ULTRA PROCESSATI ED INVECCHIAMENTO PRECOCE

NUOVO STUDIO

 

Lo studio è stato condotto da Simona Esposito, Research Unit of Epidemiology and Prevention, IRCCS Neuromed, Isernia, Italia. È stato pubblicato online su The American Journal of Clinical Nutrition .

 

Il consumo di alimenti ultra-processati (UPF), come bevande gassate, carni lavorate e snack confezionati dolci o salati, è associato a un invecchiamento biologico accelerato, come misurato da 36 biomarcatori del sangue; la causa potrebbe essere dovuta anche a fattori diversi al di là del cattivo contenuto nutrizionale.

METODOLOGIA:

  • Studi precedenti hanno segnalato un’associazione tra un elevato consumo di UPF e alcuni parametri dell’invecchiamento biologico precoce, come la lunghezza più corta dei telomeri, il declino cognitivo e la fragilità, ma la relazione è finora in gran parte inesplorata, compreso il modo esatto in cui gli UPF possono danneggiare la salute.
  • Per esaminare l’associazione tra consumo di UPF e invecchiamento biologico, i ricercatori hanno condotto un’analisi trasversale su 22.495 partecipanti (età cronologica media 55,6 anni; 52% donne) dello studio Moli-sani in Italia, reclutati tra il 2005 e il 2010.
  • L’assunzione di cibo è stata valutata tramite un questionario sulla frequenza alimentare che comprendeva 188 diversi prodotti alimentari, ognuno dei quali è stato categorizzato in uno dei quattro gruppi in base al grado di lavorazione, che andava dagli alimenti minimamente lavorati, come frutta, verdura, carne e pesce, agli alimenti UPF.
  • L’assunzione di UPF è stata determinata in base al peso, utilizzando il rapporto tra UPF e peso totale di cibo e bevande (g/d), e i partecipanti sono stati categorizzati in quinti specifici per sesso in base alla proporzione di UPF nella loro assunzione totale di cibo. La qualità della dieta è stata valutata anche utilizzando il Mediterranean Diet Score.
  • L’età biologica è stata calcolata utilizzando un approccio di rete neurale profonda basato su 36 biomarcatori del sangue circolante ed è stata analizzata la differenza media tra l’età biologica media e quella cronologica.

RISULTATI:

  • La differenza media tra l’età biologica e quella cronologica dei partecipanti era di -0,70 anni.
  • Un’assunzione maggiore di UPF è stata associata a un invecchiamento biologico accelerato rispetto all’assunzione più bassa (coefficiente di regressione, 0,34; IC al 95%, 0,08-0,61), con una differenza media tra l’età biologica e quella cronologica di -4,1 anni e 1,6 anni rispettivamente nei soggetti con l’assunzione più bassa e più alta.
  • L’associazione tra consumo di UPF e invecchiamento biologico era non lineare ( P = .049 per non linearità). L’associazione tendeva a essere più forte negli uomini che nelle donne, ma ciò non era statisticamente significativo.
  • L’inclusione del punteggio della dieta mediterranea nel modello ha attenuato leggermente l’associazione del 9,1%, indicando che un contenuto nutrizionale scadente avrebbe probabilmente spiegato una piccola parte del meccanismo sottostante.

CONCLUSIONE:

“I nostri risultati hanno mostrato che l’associazione UPF-invecchiamento biologico era debolmente spiegata dalla scarsa composizione nutrizionale di questi alimenti altamente trasformati, suggerendo che l’invecchiamento biologico potrebbe essere influenzato principalmente da caratteristiche alimentari non nutritive, che includono matrice alimentare alterata, materiali di contatto e composti neoformati”

“I nostri dati – dice la ricercatrice Simona Esposito, primo autore dello studio – mostrano che un elevato consumo di cibi ultra-processati non solo ha un impatto negativo sulla salute in generale, ma potrebbe anche accelerare proprio l’invecchiamento, suggerendo un collegamento che va oltre la scarsa qualità nutrizionale di questi alimenti”.

“I meccanismi attraverso cui gli alimenti ultra-processati possono danneggiare la salute non sono ancora del tutto chiari – spiega la ricercatrice Marialaura Bonaccio, responsabile degli studi su alimentazione e salute dell’Irccs Neuromed – Oltre ad essere inadeguati da un punto di vista strettamente nutrizionale, essendo ricchi di zuccheri, sale e grassi saturi o trans, questi alimenti subiscono una intensa lavorazione industriale che di fatto ne altera la matrice alimentare, con la conseguente perdita anche di nutrienti e fibre. Questo può avere importanti ripercussioni su una serie di funzioni fisiologiche, incluso il metabolismo del glucosio, e la composizione e funzionalità del microbiota intestinale. Non va inoltre dimenticato che spesso questi prodotti vengono venduti in confezioni di plastica diventando così veicoli di sostanze tossiche per l’organismo”.

“Questo studio – commenta Licia Iacoviello, direttore dell’Unità di Ricerca di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed e professore ordinario di Igiene alla LUM di Casamassima – ci invita ancora una volta a ripensare le raccomandazioni alimentari: non basta limitarsi alla qualità nutrizionale, ma occorre considerare anche il grado di lavorazione industriale dei cibi. Anche alimenti apparentemente ‘sani’, infatti, possono essere stati sottoposti a processi di lavorazione che ne alterano le caratteristiche”.

 

 

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